domenica 22 gennaio 2017

Tre gradi (#14)

Miei cari lettori e lettrici,
ormai sapete che Tre Gradi è tra i miei appuntamenti preferiti. Mi piace parlare dei libri che vorrei leggere, scoprire i collegamenti più curiosi tra loro, e soprattutto mi piace sapere cosa ne pensate. Quindi bando alle ciance, e cominciamo!

PRIMO GRADO
Il libro che ho scelto è...

La donna che collezionava farfalle di Bernie McGill 2011 - Bollati Boringhieri (The Butterfly Cabinet - 2010 - Headline Review)
Irlanda del Nord, 1892. Charlotte Ormond, quattro anni, viene trovata morta nella stanza del guardaroba della dimora di famiglia. Ha le mani legate con una calza annodata a un anello infisso nel muro. La piccola si è strangolata nel tentativo di liberarsi. A chiuderla lì dentro è stata la madre Harriet, mettendo in atto i rigidissimi principi educativi in cui crede: la situazione le è sfuggita di mano, la sua colpevolezza è evidente, ma le cose sono davvero andate nel modo che appare più ovvio? Sessanta anni dopo, Maddie, la vecchia tata di Charlotte, nel ricevere una lettera di Anna, l'ultima discendente degli Ormond, capisce che è giunto il momento di confessare un segreto che serba ormai da troppo tempo: solo lei sa cosa accadde veramente nell'ultimo giorno di vita di Charlotte. Al racconto di Maddie si alternano le pagine del diario che Harriet Ormond ha scritto in carcere dopo la condanna con cui si è concluso il processo a suo carico. Due voci potenti e straordinarie, quella arcaica, intrisa di spunti gotici, della popolana Maddie, e quella secca, tagliente, aristocratica di Harriet, una donna fiera e indipendente, algida e volitiva, incapace di scendere a compromessi. La piccola comunità del luogo è stata pronta a giudicarla, ma il suo diario rivela una realtà ben più complessa.
Perché è nella Lista dei Desideri? Le storie con un mistero che si snoda attraverso due punti di vista mi sono sempre piaciuti; se poi l'ambientazione è l'Irlanda di fine Ottocento, inizio Novecento, i miei sensori cominciano a mandarmi forti riscontri (vedasi il mio entusiasmo per Il segreto). Oltretutto si affronta - o almeno così sembrerebbe - l'educazione e il rapporto coi bambini in epoca tardo vittoriana, un argomento sempre foriero di forti spunti di riflessione (anche su quanto sono stati profondi i cambiamenti in questo campo).

SECONDO GRADO
Harriet Ormond è una donna "fiera e indipendente", "volitiva", "secca, tagliente": tutti aggettivi che, in un modo o nell'altro, ho sentito riferire anche alla protagonista del prossimo romanzo.

Olive Kitteridge di Elizabeth Strout 2009 - Fazi (Olive Kitteridge - 2008 - Random House)
In un angolo del continente nordamericano c’è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull’Oceano Atlantico c’è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È lì che vive Kitteridge, un’insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell’animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull’altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: «Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi».
Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana – e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un’altissima pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo “romanzo in racconti”, del Premio Pulitzer 2009.
Perché è nella Lista dei Desideri? In parte per il Pulitzer, in parte perché molti lettori dei cui gusti mi fido ne parlano benissimo, con motivazioni valide e citazioni che mi hanno dato buone vibrazioni. E poi perché è uno di quei libri che sembrano imprescindibili per capire alcuni dei movimenti della letteratura americana contemporanea.

TERZO GRADO
A proposito di Pulitzer: sapete chi altri lo ha vinto? Proprio il libro che segue.

La strada di Cormac McCarthy 2007 - Einaudi (The Road - 2006 - Alfred A. Knopf)
Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore. 
Che cosa resta quando non c'è più un dopo perché il dopo è già qui? Generazioni di scienziati, mistici e scrittori hanno offerto in risposta le loro visioni di luce e tenebra. Ci hanno prospettato inferni d'acqua e di fuoco e aldilà celesti, fini irrevocabili e nuove nascite, ci hanno variamente affascinato o repulso, rassicurato o atterrito. Nell'insuperabile creazione mccarthiana, la post-apocalisse ha il volto realistico di un padre e un figlio in viaggio su un groviglio di strade senza origine e senza meta, dentro una natura ridotta a involucro asciutto, fra le vestigia paurosamente riconoscibili di un mondo svuotato e inutile. Restano dunque, su questa strada, esseri umani condannati alla sopravvivenza, la loro quotidiana ordalia per soddisfare i bisogni insopprimibili e cancellare gli altri, la furia dell'umanità tradita e i residui, impagabili scampoli di piacere dell'essere vivi; restano i cristalli purissimi del sentimento che lega padre e figlio e delle relazioni che i due intessono fra loro e con gli altri, ridotte all'estrema essenza nella ferocia come nella tenerezza. E restano le parole, splendide, precise, molto più numerose ormai delle cose che servono a designare; la prodigiosa lingua di McCarthy elevata a canto funebre per «il sacro idioma, privato dei suoi referenti e quindi della sua realtà». Resta dell'altro, un residuo via via più cospicuo in mezzo al niente circostante: resta un bambino che porta il fuoco e un uomo che lo protegge dalle intemperie del mondo semimorto con implacabile amore, uomo e bambino tradotti in ogni Uomo e ogni Bambino, con responsabilità e ruoli che inglobano e trascendono quelli dei singoli individui. E resta, perciò, uno sguardo discreto in avanti e forse in alto, oltre a quello nostalgico voltato a rimirare il regno dell'uomo così come lo conosciamo. In questa risposta di McCarthy - epica, elegiaca, mitica, profetica, straziante, universale - resta perfino l'imprevedibile: un'affettuosa quotidianità che consola e scalda il cuore.

Perché è nella Lista dei Desideri? Potrei dire tante cose, ma in realtà c'è perché leggendo la trama, guardando le varie copertine, ho una sensazione alla bocca dello stomaco che mi dice che sarà meraviglioso e straziante, qualcosa che saprà commuovermi tanto per la storia quanto per la bellezza della scrittura. E quindi mi fido e aspetto il momento adatto per buttarmici dentro.

E anche per questo appuntamento è tutto. Avete anche voi alcuni di questi libri nella lista dei desideri? Oppure, se li avete già letti, me li consigliate?

Intanto io vi auguro buone letture!


Cami

sabato 14 gennaio 2017

Il viaggio di Lea - Guia Risari

Titolo: Il viaggio di Lea
Autore: Guia Risari

Anno: 2016

Editore: Einaudi Ragazzi
ISBN: 978-88-6656330-3

Pagine: 225

Trama: Lea è una bambina di dodici anni che ha perso i genitori da poco. Il nonno non le fa mancare affetto e comprensione, ma lei ha smesso di parlare, e si chiede il senso di ciò che accade nella vita, e nella morte. Sarà l'incontro con un gatto speciale, e un viaggio alla scoperta di sé, che la porteranno verso una meta e una risposta inaspettata.




Pencil-icon.pngLibro ricevuto dall'autrice. Quello che segue è il mio onesto parere.

Per quanto non sia il mio ambito di pertinenza, al contrario di altri lettori che potete trovare in rete, cerco sempre di leggere almeno uno o due libri per bambini all'anno. In parte per motivi professionali: conoscere i maggiori autori disponibili in libreria, o al contrario, le piccole gemme che stanno lentamente facendo breccia, aiuta a rendersi conto della direzione in cui si sta muovendo un settore. Ma, vi tolgo subito ogni dubbio, li leggo in (gran) parte per piacere, perché un buon libro per bambini sa essere, spesso, un balsamo in grado di restituire - a me, ma non credo di essere l'unica - un approccio di ritrovata semplicità, spesso unito a una punta di ottimismo.
Ma per fare questo, appunto, deve essere un buon libro. Deve tenersi lontano dalle stucchevolezze inserite a forza e cercare l'avventura - non per forza fantastica; anche le imprese del quotidiano hanno valore - per presentare a me, e ai piccoli lettori, la possibilità di immergersi in un'altra vita. Deve fare tante domande, e spronarne di nuove, e se danno risposte devono essere tali per cui ci penso e ci rimugino fino a quando non sono piena di altre domande. Deve stuzzicare la fantasia e far scoppiare le immagini nella testa. E deve spingere il piccolo lettore a dire "Un'altra pagina e arrivo, una sola" (promessa ovviamente disattesa).
Non deve compiacere il genitore, perché non ne ha bisogno; d'altronde già lo sappiamo, che un buon libro è buono per tutti, senza distinzioni d'età.

E dunque, questo preambolo per cosa?, vi starete chiedendo. Per dire, in poche parole, che Il viaggio di Lea rispetta tutti i punti di questo mio piccolo, personalissimo canone.


Guia Risari fa intraprendere a Lea e Porfirio, splendido gatto rosso con gli occhi come "arance mature" (p.7), un viaggio di scoperta, di sé e di alcuni dei dubbi esistenziali che da sempre caratterizzano l'uomo, e lo rende esplicito e interno alla storia, piuttosto che nasconderlo dietro a degli eventi metaforici. D'altronde, non poteva essere altrimenti, visto che Lea è orfana, e muta per scelta dopo aver perso i propri genitori in un incidente d'auto: il viaggio è una sua decisione, presa per cercare di capire perché, a volte, la morte arriva, il dolore colpisce, la vita sorprende. Perché "delle volte, dentro di [lei], ci sono solo domande" (p. 105), e la spinta a cercare delle risposte è più forte di ogni cosa. 
Il tutto senza stucchevolezze e con la volontà di dare prospettive diverse, e pensieri su cui riflettere, attraverso gli incontri che Lea fa con un'umanità varia, un po' inquietante e un po' divertente, un po' buona e un po' cattiva: a me, per dire, sono tanto piaciuti la cartomante e lo strano gruppo di ladri, che hanno dato rispettivamente un alone misterico e parodistico al loro incontro con Lea, fornendo alla nostra giovane protagonista nuovi pezzi per la sua personalissima riflessione sul mondo. 

E i temi, profondi e d'interesse universale, sono trattati in maniera leggiadra, ma non banale o diminutiva; sottolineano un rispetto per tutti i lettori, bambini o meno, che si pongono domande sul senso di ciò che viviamo e di ciò che ci circonda.
Un rispetto e un attenzione che si ritrovano anche nelle scelte stilistiche e lessicali: attraverso un uso vario e il sapiente dosaggio di registri diversi, si presentano al lettore coetaneo di Lea parole nuove, precise e curiose, e al lettore più cresciuto un testo che non risulta in alcun modo semplicistico. Una caratteristica che mi sta molto a cuore, e che sono felice di aver ritrovato in questo libro.

Nell'affrontare questo viaggio e le conoscenze che porta, come accennavo all'inizio, Lea non è mai sola (per fortuna sua, dato che le restituirà anche la parola, e nostra), ma ha un compagno degno dei più famosi aiutanti magici: Porfirio, gatto saggio e parlante, diffidente e affettuoso, magico, ma forse in fondo non molto più degli altri gatti. Con un'entrata in scena che mi ha prima rattristata (per la storia che lo porta tra le braccia di Lea) e poi molto divertita, si presenta subito come una creatura dalle profonde conoscenze e dai poteri particolari, eppure rimane sempre, definitivamente gatto. Non è mai un umano dentro il corpo di un animale; è un felino, che si comporta come tale, e che decide di parlare con Lea perché vede in lei uno spirito affine (ma forse non allo stesso livello - d'altronde, come tutti i gatti, pensa che difficilmente qualcuno possa esserlo). Se rivedersi nei dubbi di Lea è ciò che ci fa immedesimare in lei, leggere le risposte - a volte enigmatiche, a volte ironiche, a volte chiare e dritte al punto - di Porfirio è l'altra metà di ciò che ha reso questo viaggio così interessante e divertente. 

Per me, dunque, seguire Lea in questo percorso è stato un vero piacere. Non posso che consigliare questo libro a chi vuole donare ai piccoli umani presenti nella propria vita un libro appassionante, divertente e intelligente; così come a quegli adulti che, come me, ogni tanto tornano volentieri dall'altro lato della barricata, e ne escono soddisfatti. 
E faccio i miei più cari auguri di buona fortuna all'avventura di Lea che, a ragione, è stata nominata tra i cinque libri in lizza per il Premio Strega Ragazze e Ragazzi, categoria 11+: qui, cara Guia, si tifa per te. 

Voto:

                                   8,5



Frasi e citazioni che mi hanno colpita...
  • - Calma, ragazza mia, calma. Prima di tutto, impara una regola. Se vuoi sapere qualcosa, fai una domanda alla volta. E poi, un altro consiglio: non chiedere mai cose a cui puoi rispondere da sola.
  • Non era solo una questione di stile e tantomeno di calligrafia (anche se Lea non aveva una bella scrittura). Ci voleva un'arte speciale per usare le parole giuste e mostrare le cose nella loro semplicità, anche quando erano complesse, per instaurare un dialogo, anche quando l'altra persona non poteva rispondere, per andare in contro alle sue aspettative e accarezzare la sua immaginazione, anche quando il destinatario della lettera aveva smesso di sperare.
  • - Però devi giurarmi di non stare ad ascoltare dietro la porta.
    Lea promise di non origliare le letture di Mizel.
    - Si tratta delle vite dei miei clienti. Non devi mescolarti ai loro dispiacere e alle loro speranze. Ognuno ha i suoi...
    Lea l'ascoltava attentamente.
    - Non voglio dire che sia come un raffreddore, no. Eppure è indubbio: c'è una sorta di contagio che fa sì che la gente assorba le preoccupazioni degli altri. Il guaio è che poi si perde e non sa più chi è e cosa vuole...
  • - Dove lo trovi, - gli chiese improvvisamente, - il tempo di pensare?
    - Perbacco, è il mio lavoro! - esclamò Porfirio indignato.
    - Non lo sapevo...
    -Sì, le vedi queste due orecchie? La prima è per ascoltare i pensieri degli altri. La seconda per ascoltare i miei -. Era tutto impettito.
  • - [...] Però forse quella gente ha bisogno, per un certo periodo, di sperimentare un altro modo di vivere e pensare, di avere altri paesaggi negli occhi, di accogliere altre leggi nel proprio cuore. Tutto questo è un cambiamento che può migliorarli.
    - E in che modo?
    - Mettendo in dubbio il valore assoluto delle regole e svelandone la natura arbitraria. Ogni modo di vivere si presenta come perfetto, un modello per gli altri. Cambiando vita, si mettono in dubbio anche i criteri che l'hanno ispirata. Si cerca qualcos'altro.
  • - Vedi, se un antico egizio e un contemporaneo s'incontrassero ora, il loro problema sarebbe essenzialmente l'incapacità di comprendersi. Non perché parlano lingue diverse, ma perché hanno modi diversi di riferirsi all'essenziale. Il cibo, la casa, gli affetti, la discendenza, il lavoro sono sempre gli stessi, quello che cambia è la provenienza. Per l'egizio tutto questo era un dono divino, un mistero; per il contemporaneo, invece, è un risultato, il frutto dei suoi sforzi. E così, anche se entrambi considerano queste cose essenziali, non si capiranno mai.

P.S. un'ultima menzione anche a Iacopo Bruno, le cui illustrazioni decorano l'inizio di ogni capitolo, dandogli ulteriore bellezza.


domenica 8 gennaio 2017

Dove eravamo rimasti? Ovvero, cos'ho fatto in questi mesi, e cosa spero di fare nei prossimi

Care lettrici, cari lettori,

comincia un nuovo anno e come sempre, come tutti, mi ritrovo a pensare a quel che è successo nel 2016 appena passato e a quello che potrebbe accadere nel neonato 2017. Vi ho già parlato delle letture più interessanti dell'anno scorso, quindi vorrei sfruttare questo inizio per raccontarvi un po' - visto che non ho pubblicato molti post negli ultimi mesi - di quel che sto facendo e di quel che vorrei fare nei prossimi dodici mesi.

Vi accennavo qualche tempo fa del mio stage presso il Giornale della libreria, che ora si è tramutato in una collaborazione più stabile. Scrivo articoli e notizie per il sito (e il giornale cartaceo) e devo dire che, nel corso dei mesi, ho trattato tanti argomenti, anche molto vari tra loro: da quelli più simpatici (come la macchina tedesca con cui si potevano scambiare i brutti regali di Natale con dei libri, o la giornata in cui si poteva pagare un caffè con una poesia) a quelli più seri (come le dispute sul diritto d'autore per il diario di Anna Frank o le accuse di sessismo al festival di Angouleme). Ho anche potuto fare molte interviste, che mi hanno permesso di parlare e confrontarmi con persone che con passione e impegno si dedicano al proprio lavoro (in certi casi dandomi un esempio a cui pensare per il mio futuro): curatori di festival, editori di narrativa e saggisticaartigiani, grafici, librai, e persino una sceicca emiratina. Insomma, è stato un periodo pieno.

Poi con alcuni amici conosciuti al Master ho dato vita a piedipagina, un collettivo (presto associazione) con cui organizziamo passeggiate e itinerari letterario-editoriali alla scoperta di Milano. Un impegno che mi diverte moltissimo, che mi ha avvicinata a belle persone - non ultimi i miei stessi compagni di Master - e che mi sta dando tanto. 

E dunque, il 2016 l'ho passato soprattutto scrivendo. Leggendo anche, benché meno di quanto avrei voluto. Mi è mancato l'editing però, tanto; e rimane sempre il mio obiettivo lavorativo (far parte di una redazione, infatti, è sempre il mio sogno). Infatti sono veramente felice di quello che sto facendo nell'ambito del progetto Tansilvania (ve ne ho parlato qualche mese fa, e sono poi stati annunciati i vincitori) e di cui spero di parlarvi meglio nel corso dell'anno.


Cosa posso propormi, perciò, per questo 2017 appena cominciato? Tante cose, senz'altro; e non mancano anche i buoni propositi, per la vita e per la lettura. Visto che in fondo siete qui per i libri, non vi ammorberò coi primi e passerò direttamente ai secondi.
Nei prossimi mesi vorrei riuscire a leggere almeno 55 libri; poco più di uno a settimana. Non è un obiettivo troppo difficile, soprattutto se eviterò di incantarmi davanti al telefono, com'è capitato a volte quest'anno.
Inoltre, vorrei continuare a far diminuire la pila di libri che già mi attende in casa. Non perché voglia vietarmi di prenderne di nuovi, ma perché in fondo quelli che già ho meritano attenzione; oltretutto, in molti casi mi aspettano da talmente tanto tempo che non capisco nemmeno più cosa mi abbia spinto a prenderli... Quindi urge fare un repulisti, per dare spazio a nuovi libri, sicuramente più nelle corde della persona che sono oggi. Sarei felice di finire l'anno con meno libri in attesa di quanti ne ho ora.
Poi vorrei tornare a parlare qui delle mie letture con più costanza. Scriverne mi aiutava a decifrare pensieri ed emozioni, e mi manca la chiarezza che ne traevo, anche grazie al dialogo che prendeva vita nei commenti.

Questo è tutto. Pochi obiettivi e senz'altro raggiungibili, quindi m'impegnerò al massimo perché l'anno prossimo possa orgogliosamente dire di averli rispettati tutti.

E spero che voi, come sempre negli ultimi sette anni, mi farete compagnia nel mio viaggio.

Con affetto,

vostra

Camilla