sabato 27 aprile 2013

Chi Cerca… Trova! (#10)

Ciao a tutti! Eccoci di nuovo qui, pronti a rispondere a qualche domanda.

Spero che stiate passando un buon fine settimana, nonostante il tempo un po’ variabile. Io sto cercando di riprendermi da un raffreddore decisamente fuori stagione e quindi sfrutto questo “tempo extra” per portarmi avanti con lo studio, leggere un po’ e scrivere qualche post, tra i quali questo – quindi direi che è ora di smetterla di chiacchierare e lasciare spazio alle vostre curiosità.

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1. Anime grigie Philippe Claudel perche questo titolo

Il titolo, in questo caso, è stato estrapolato da questo dialogo:

"Carogne, santi, non ne ho mai visti. Niente è tutto nero o tutto bianco, è il grigio che la vince. Idem gli uomini e le loro anime... Sei un'anima grigia, graziosamente grigia, come noi tutti..." "Solo parole..." "Cosa ti hanno fatto, le parole?"

Lo ricordo bene perché l’ho messo anche tra le frasi e citazioni che mi hanno colpita, alla fine della recensione. Trovo sia un concetto veritiero e malinconico, soprattutto se ci rifletto collegandolo alla storia del libro in questione.

2. Al ks* si puo aggiungere la pittura

Ora, qualcuno può spiegarmi come si può arrivare al mio blog attraverso una ricerca sul calcestruzzo? Perché la sigla KS* indica proprio quello.
Ah, l’asterisco non è davvero un asterisco, ma in questo caso mi sono permessa di modificare un po’ la chiave per evitare che troppe persone arrivino qui convinte di trovare risposta ai loro dubbi edili.

3. Alcott fruitslands

Bene, torniamo ad argomenti più letterari. Ho accennato alle  Fruitlands nel post sulla vita di Louisa May Alcott, ma mi rendo conto di non aver approfondito affatto l’argomento; vediamo di rimediare!
L’idea si sviluppò a partire dalle teorie trascendentaliste di Amos Bronson Alcott (il padre di Louisa May), che si focalizzavano in modo particolare sul mondo spirituale, riflettendo sul concetto di Dio non secondo l’Antico e il Nuovo Testamento, quanto sulla concezione della sua effettiva trascendenza, per l’appunto, del mondo fisico. Nonostante questo, Alcott e gli altri pensatori a lui affini non eliminarono del tutto dalle proprio riflessioni l’elemento concreto, almeno per quanto riguarda gli esseri viventi: ritenevano, infatti, che il rinnovamento spirituale fosse possibile solo attraverso una contemporanea cura del corpo, attraverso il lavoro e l’astinenza.
L’unione di questi due temi portò Charles Lane, amico di Alcott, ad acquistare un terreno di 90 acri ad Harvard, nel Massachusetts (regione del New England), così da poter dare vita alla comunità perfetta che desideravano creare. Vi si trasferirono la famiglia Lane, la famiglia Alcott e altri singoli membri aggiuntisi nel tempo.
Questa utopia si basava, senza molto successo, su dei principi base che, in termini moderni, sembrano mescolare le comuni del periodo hippie e le comunità Amish: vegani ante litteram, si rifiutavano di mangiare carne e derivati di origine animale, di usare le loro pelli e anche di usarli per i lavori pesanti - compresa la coltivazione dei campi, che rappresentava a tutti gli effetti la loro unica fonte di sostentamento, dato che cercavano di evitare il più possibile il commercio (attività decisamente malvista). Avevano eliminato anche le sostanze stimolanti, come il caffè e il tè. Inoltre, non usavano il cotone, in quanto simbolo dello sfruttamento della schiavitù: per i vestiti e le scarpe usavano solo lino e canapa.
Questi pensatori, tuttavia, non avevano pensato a una cosa: il gelido inverno del New England. La scarsità di cibo si fece tale, che il progetto fu costretto a chiudere, dopo soli sette mesi di attività. Personalmente, non mi sorprende molto…
Altre informazioni le potete trovare sulla pagina inglese di Wikipedia dedicata a questa ipotetica utopia.

4. Devo fare un saggio breve su I miserabili di Victor Hugo

Ti invidio un sacco, anonimo ricercatore, ma proprio un sacco.
Studiare il capolavoro di Hugo è una gioia immensa.
Detto questo, scordati che faccia il saggio al posto tuo!

5. Janet Lambert, Penny Parrish, In America si vive così: titolo originale

Secondo le mie ricerche, Penny Parrish: in America si vive così è il titolo dato alla raccolta dei vari romanzi che la Lambert ha dedicato a Penny Parrish (sei in tutto). Non c’è un titolo originale, quindi, perché quello italiano è stato scelto dalla casa editrice (le Edizioni paoline).

6. Karènina o karenìna ?
La prima delle due; anzi, a voler essere precisi, la pronuncia perfetta sarebbe, all’incirca, Karjénina, con la j che indica una semi-vocale e l’accento acuto (non grave, come quello usato nella chiave di ricerca) sulla e. Il concetto di semi-vocale e di accento acuto non esistono nella fonetica russa, ma mi sono concessa la licenza di usarli perché la spiegazione fosse più comprensibile ai parlanti italiano.
La trascrizione fonetica secondo l’International Phonetic Alphabet, per chi è interessato all’argomento, è questa: [ˈanːə kɐˈrʲenʲɪnə].
Qui potete trovare una registrazione della pronuncia.
Io adoro parlare di queste cose, quindi grazie, anonimo dubbioso!

7. La profezia delle inseparabili secondo volume

Guardian of the gate - M. ZinkIl secondo volume, pubblicato in patria nel 2011 e inedito in Italia, si intitola Guardian of the gate.

Non faccio spoiler sulla trama del primo, perché magari c’è qualcuno che vorrebbe leggerlo (anche se personalmente non glielo consiglio…). Mi limito a dire che, in questo volume, Lia dovrà viaggiare per risolvere alcuni dei punti rimasti oscuri nel primo libro e dovrà anche fare attenzione a chi le è vicino, perché il tradimento è alle porte.
Dubito fortemente che la Salani riprenderà la pubblicazione di questa serie, quindi chiunque vorrà scoprire il destino di Lia e Alice dovrà affidarsi al libro in lingua originale.

8. Lem oblo

Questa chiave ha un piccolo inghippo: manca una lettera. Oblo è la “variante monca” di Obłok, che a sua volta è la metà del titolo di un libro di Stanislaw Lem, ovvero Obłok magellana. Il titolo indica quelle che in italiano sono note come Nubi di Magellano (e obłok vuol dire nuvola, per l’appunto), due galassie irregolari che gravitano attorno alla Via Lattea. Al momento non esiste una traduzione italiana.

9. trilogia Fitzek

Non so se Fitzek progetti effettivamente una trilogia, dato che nel suo sito non c’è scritto nulla a riguardo; l’unica cosa certa è che il suo ultimo libro, Il cacciatore di occhi (Einaudi, 2012), è sicuramente il seguito de Il gioco degli occhi (Elliot, 2011). Non mi stupirei se uscisse effettivamente un terzo volume, dato che la trilogia è un “formato” molto sfruttato in editoria.

10. Il libro più significativo sul

ARGH! La suspense! Non puoi lasciarmi appesa così, ti prego!
Le serie TV mi costringono a subire già abbastanza cliffhanger, non cominciate anche voi ricercatori…

11. L'integrità mentale non ha alcun rapporto con la statistica spiegazione

Cercherò di dirlo in soldoni, perché addentrarci nei meandri filosofici che si celano dietro questa frase pretenderebbe moltissimo tempo e un buon numero di ricerche su vari testi.
Il fatto che qualcosa sia giusto o sbagliato non è dato da quante persone reputino o meno che sia effettivamente così; dunque, parlando per estremi, se tu credi che qualcosa sia corretto, e ritieni che questo concetto sia sostenuto da prove valide, non importa quante persone diranno che è un’idea folle.
Con questo Orwell (perché questa frase è tratta da 1984) non intende dire che quello in cui uno crede è per forza di cose corretto: un pazzo può dire, per esempio, che tutti gli struzzi sono blu e potrebbe anche averne le “prove”. Piuttosto intende, secondo me, che non bisognerebbe mai assoggettarsi alla definizione di “pazzia”, né al pensiero comunemente accettato, con troppa arrendevolezza. Non è follia sostenere quella che si reputa verità – al massimo, lo è trasformare questa verità in un’ossessione. Ma questo è un altro discorso.
Spero di essere stata chiara. Ovvio, questa è la mia opinione (espressa a grandi linee, meriterebbe un approfondimento); sarei ben lieta di sapere cosa ne pensate voi.

12. Lago delle fate John Anster

Questo è il mese delle chiavi di ricerca a metà! John Anster Fitzgerald (a cui è caduto il cognome, a quanto pare) fu un pittore inglese del XIX secolo, noto in particolare per le sue opere ispirate al mondo delle fate e del Piccolo Popolo in generale.

Questo quadro si intitola The Fairy’s Lake ed è attualmente in possesso della Tate Gallery; penso proprio che sia quello di cui parla la chiave di ricerca.
Questo pittore, comunque, ha prodotto moltissime opere dedicata al mondo fatato, quindi vi consiglio di approfondire la sua conoscenza, se vi interessa questo ambito.

13. Il cimitero senza lapidi e altre storie nere indice

Introduzione – p. 7
Il cimitero senza lapidi – p. 11
Il ponte del troll – p. 53
Non chiedetelo a Jack – p. 69
Come vendere il Ponte di Ponti – p. 73
Ottobre sulla sedia – p. 95
Cavalleria – p. 117
Il prezzo – p. 137
Come parlare con le ragazze alle feste – p. 147
Avis Soleus – p. 169
Il caso dei ventiquattro merli – p. 201
Istruzioni – p. 219

14. Isabel Allende Eva Luna Feltrinelli luogo pubblicazione

Il luogo di pubblicazione è Milano – cosa che non sorprende troppo, visto che è dove si trova la sede della casa editrice.

15. L'uomo che ride saggio Stevenson

Nella recensione de L’uomo che ride scrissi che non concordavo su alcuni giudizi che Stevenson dava all’opera di Hugo; rileggendo la postfazione, mi rendo conto che probabilmente ero ancora accecata dal meraviglioso affresco di Hugo per riuscire a cogliere alcune delle giuste critiche che lo scozzese gli ha rivolto. Questo non cambia il mio giudizio su Hugo, ne sul libro in esame – dubito che qualcuno potrebbe riuscire in un’impresa del genere – ma sicuramente mi ha fatto riflettere. Pur riconoscendo alcuni dei difetti sottolineati, però, il mio amore per il caro Victor rimane immutato!
In generale, comunque, il saggio di Stevenson è elogiativo nei confronti di Hugo e della sua capacità di rinnovare il romanzo, distanziandosi da Scott e da Fielding, che Stevenson usa come punti di riferimento. Vengono analizzati in breve i suoi cinque romanzi principali (Notre-Dame de Paris, I Miserabili, L’uomo che ride, I lavoratori del mare e Novantatré) e si cerca di definire cosa renda questo autore così grande e così innovativo rispetto ai suoi contemporanei.
Uno scritto molto chiaro e preciso, che vi consiglio, se siete interessati ad Hugo.

E anche per oggi è tutto, lettori e lettrici. Spero di avervi incuriosita e di aver risposto come si deve alle domande di questo mese.


Vi auguro, come sempre, delle buone letture!

 

Cami

domenica 21 aprile 2013

Il ristorante dell’amore ritrovato–Ito Ogawa

Il ristorante dell'amore ritrovato - I. OgawaTitolo:Il ristorante dell’amore ritrovato (originale: Shokudô Katatsumuri)
Autore:Ito Ogawa

Anno:2008

Editore:Neri Pozza Editore
Traduzione:Gianluca Coci
ISBN:978-88-545-0419-6

Pagine:191

Trama:
Ringo ama la cucina e sogna da sempre di aprire un ristorante. Lei e il fidanzato stanno risparmiando da molti anni per riuscirci; peccato che un giorno, senza alcuna spiegazione, il suddetto fidanzato decida di andarsene lasciandole solo un appartamento vuoto. Sotto choc e senza un soldo, l’unica scelta che rimane a Ringo è quella di tornare nel suo vecchio paese, a casa della madre (da cui era fuggita tanti anni prima). E proprio qui, per riprendere le redini della propria vita, Ringo riesce a dare vita a un ristorante tutto suo, un ristorante un po’ particolare…

Questo libro mi ha lasciato una sensazione simile, per certi versi, a quella che rimane dopo aver mangiato un dolcetto. Lo pregusti, poi lo mangi, facciamo pure che non lo metti tutto in bocca subito ma lo dividi in due morsi; in un momento è finito e poi ti rimane in bocca un sapore buono, dolce, ma anche la sensazione che non sia stato soddisfacente quanto ti aspettavi.
Credo che questa sia la metafora migliore per descrivere Il ristorante dell’amore ritrovato, e giuro che mi sono resa conto solo in un secondo momento di quanto fosse doppiamente adatta, data la sua natura culinaria, che ben si sposa con l’importanza che il cibo ha nella vita di Ringo, la protagonista di questo romanzo.

La cucina è la sua passione sin dall’infanzia e il suo sogno è quello di aprire un ristorante: lo è prima del brutto abbandono da parte del fidanzato e lo è anche dopo. E’ questa sua aspirazione così forte che le permette di andare avanti e di non cadere nella più totale disperazione. Ringo non si è lasciata abbattere, né ha cominciato a compatirsi, ma si è rimboccata le maniche e ha immediatamente cominciato a pensare al da farsi. Certo, qualche volta cede ai ricordi e alle lacrime, ma cerca di non pensarci.
Non è la prima volta che incontro una reazione contenuta, molto interiorizzata, in un romanzo giapponese. Per quanto la mia conoscenza della cultura nipponica non sia approfondita, le mie letture mi portano a credere che sia un tratto tipico della loro sensibilità. Un modo pacato e sommesso, in un certo senso, di approcciarsi agli eventi terribili che possono capitare nel corso della vita.
L’unica testimonianza che rende il dolore di Ringo chiaro agli altri è l’afonia completa che la coglie, improvvisamente, dopo lo choc subìto. La scelta di zittire la propria protagonista è molto particolare, soprattutto quando quest’ultima è anche la voce narrante (anche se forse pensiero narrante sarebbe più corretto, in questo caso), dato che tutto il libro è scritto in prima persona singolare. E’ la prima volta che leggo un’espediente simile e devo dire che non mi è dispiaciuto: dato che Ringo è costretta a comunicare con gli altri solo lo stretto necessario, scrivendo ciò che vorrebbe dire su un taccuino che ha sempre con sé, si deve affidare per forza di cose alle sue azioni. Narrate da lei, queste finiscono per essere inframmezzate di ricordi e riflessioni, dando la possibilità al lettore di conoscerla meglio; oltretutto, offrono anche l’occasione di approfondire il suo amore per la cucina, dato che quasi tutto quello che fa è legato al Lumachino, il ristorante che aprirà una volta tornata nel paese natio.
Le descrizioni dedicate al cibo e agli ingredienti sono molte e molto sentite. Dato che anche a me piace molto scoprire l’origine degli ingredienti, e mi piace anche vedere altre persone che cucinano, ho trovato questi passaggi davvero interessanti e teneri, a modo loro; ma temo che un lettore poco interessato a questo tipo di particolari possa trovarli piuttosto noiosi.

L’ultima cosa che mi preme notare, riguardo alla narrazione, è che anche gli altri personaggi, com’è ovvio, subiscono l’effetto del punto di vista di Ringo – anche se non sempre questo va a loro vantaggio. L’esempio più calzante è la madre della protagonista, Ruriko; il rapporto tra le due è tutto, meno che idilliaco, e ovviamente questo si riflette sul modo in cui Ruriko ci viene mostrata.
La loro relazione è il secondo nodo fondamentale di questo romanzo: si scopre man mano perché Ringo la odi tanto, quali sono le verità legate alla sua nascita e la natura più nascosta di questa madre che a tratti pare indecifrabile, nascosta com’è dagli atteggiamenti che ha deciso di avere. Nel corso della loro convivenza forzata, si scoprono punti di contatto che muteranno la concezione che hanno l’una dell’altra.

Intervallano queste due tematiche le vicende dei clienti del Lumachino, che Ringo “coccola” con menu personalizzati e unici. Per quanto breve, tutti hanno una loro storia da raccontare. Sono piccole note di colore che danno la possibilità, a noi come alla protagonista, di osservare persone che riescono a risolvere i loro dubbi, trovare quello che cercano e lasciare indietro i dolori passati – anche, forse soprattutto, grazie a una spintarella data grazie alla cucina di Ringo, che assume sfumature quasi magiche, indubbiamente catartiche.
Sono inserti carini e piacevoli, funzionali allo sviluppo emotivo della protagonista, ma purtroppo non posso dire che lascino molto di più.

Un discorso simile si può fare per lo stile della Ogawa: penso che sia soprattutto a causa di questo, infatti, se la sensazione a fine lettura rimane quella che ho cercato di spiegare all’inizio della recensione. Ito Ogawa scrive in modo semplice, con un tono spesso colloquiale, inserendo descrizioni delicate e gradevoli, ma non ha mai quel guizzo in più che potrebbe rendere speciale questo libro. Riesce, tuttavia, a incuriosire, a far sorridere e a far provare dispiacere; caratteristiche pregevoli, che rendono quindi questa lettura indubbiamente piacevole, pur non potendosi definire memorabile.

L’ultima cosa che mi preme dire riguarda il libro fisico in sé. Come sempre, la Neri Pozza offre un prodotto curato sotto ogni aspetto: in particolare, ho apprezzato molto la pagina con i consigli sulla pronuncia delle parole giapponesi presenti nel testo, il comodo glossario finale e le utili note a piè di pagina, che spiegano alcune tradizioni nipponiche citate nel corso del testo. Il lavoro di Gianluca Coci, traduttore e curatore di questi apparati, è stato decisamente ottimo.


Voto: 
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               7,5

 

Frasi e citazioni che mi hanno colpita…

  • Non ero in grado di leggere i caratteri dell’alfabeto hindi che riempivano le lettere giunte di tanto in tanto dall’India, eppure mi bastava sfiorare quei segni con le dita per sentirmi parte della sua famiglia ed essere travolta da un’ondata di affetto.
  • Avevo perso la voce.
    Ci ero rimasta di stucco, certo, ma non al punto da deprimermi. Non provavo né dolore fisico, né tanto meno difficoltà respiratorie. Mi sentivo semplicemente più leggera, appena un po’. E poi non mi sembrava un problema, visto che non avevo nessuna voglia di parlare. Pensavo che finalmente avrei avuto modo di ascoltare al meglio, io soltanto, le parole così come mi scaturivano dal cuore.
  • Sognavo che il mio ristorante potesse suscitare nelle persone una sensazione al tempo stesso di meraviglia e d’intimità, come se fosse uno di quei posti che si è sicuri di aver già visto ma in cui non si è mai messo piede: qualcosa di simile a una caverna segreta, dove ognuno potesse provare sollievo e addirittura ritrovare il proprio sé.
  • Chi, del resto, pur avendo un cuore buono, non compie prima o poi un’azione cattiva? Noi esseri umani siamo fatti così, c’è poco da fare. Certo, ognuno è diverso dagli altri, e c’è chi può essere considerato fondamentalmente buono e chi malvagio, ma tutti, nessuno escluso, siamo in misura più o meno eclatante torbidi e impuri, nel senso che abbiamo dentro di noi una certa quantità di fango di cui non riusciamo a liberarci. […]
    Preferivo starmene per i fatti miei, calma e quieta, perché volevo che il mio fango fosse il più pulito possibile. Se un pesce continua a nuotare in prossimità del fondo sabbioso, l’acqua sarà sempre torbida e fangosa. Se invece se ne sta buono e tranquillo, in fango si depositerà tutto sul fondo e a poco a poco l’acqua in superficie diventerà limpida.
  • Una delusione d’amore non è la fine del mondo. Un amore finito non significa morire.
  • Ci sono cose che non possono assolutamente tornare.
    Ma che al tempo stesso, pur non potendo tornare, restano eternamente presenti.

domenica 14 aprile 2013

Top Ten Letterarie (#6)

Buongiorno a tutti, lettori e lettrici: spero che la prima metà del mese sia passata bene.

Per la Top Ten mensile ho deciso di proporvi una lista di libri di saggistica. So che molti tendono a considerare la lettura di saggi noiosa, difficile, a vederla solo come un obbligo legato agli studi: eppure posso assicurarvi che esistono fior fior di saggi che possono essere non solo incredibilmente istruttivi, ma anche scritti in maniera da risultare particolarmente accattivanti.
Certo, la narrativa ha una certa scorrevolezza che difficilmente può essere raggiunta da un saggio, ma non per questo bisogna catalogare tutta la saggistica come noiosa; allo stesso modo, non credo sia debba definire “brutta” una lettura solo perché è difficile, nel senso che richiede più concentrazione e tempo affinché se ne assorbano i concetti.

Sia chiaro, non è un discorso che faccio contro chi non legge saggistica: ci possono essere mille motivi per cui si può decidere di non dedicarsi a questo genere di letture. Mi rivolgo, più che altro, a chi l’accantona a priori etichettando il tutto come “barboso”, senza alcuna possibilità d’appello.

Perdonate l’introduzione piuttosto lunga, è che si tratta di un argomento che mi sta particolarmente a cuore! Passiamo, senz’altro indugio, alla Top Ten.

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1. Fermare Attila di Luca Canali

Fermare Attila - L. Canali


Questo libro è stato consigliato alla mia classe, ormai un paio d’anni fa, dal mio professore di latino e greco. Visto che l’ho sempre ammirato molto, e che Canali mi era noto per i suoi meriti accademici, ho pensato di prenderlo appena mi fosse stato possibile – eppure, non l’ho ancora letto. E dire che l’argomento mi interessa molto: si tratta, infatti, di una raccolta di testi volta a sottolineare la non inferiorità della cultura classico-umanistica rispetto a quella tecnico scientifica. Per ricordarci, sempre, da dove veniamo.


2. L’Antico Regime e la Rivoluzione di Alexis de Tocqueville

L'antico regime e la rivoluzione - A. de Tocqueville


Da quando ho dato l’esame di Storia moderna, l’anno scorso, ho sviluppato un forte interesse per la Rivoluzione francese e una grande ammirazione per le capacità d’analisi di Tocqueville, che è riuscito a comprendere prima di molti altri quali fossero le radici più profonde della crisi della Francia nel XVIII secolo – le stesse che portarono, poi, agli eventi rivoluzionari. Risultato ancora più ammirevole se si pensa che questo studioso era ancora molto vicino, a livello temporale e per motivi familiari, agli eventi del 1789.


3. Il canone occidentale di Harold Bloom

Il canone occidentale - H. Bloom


Un vero e proprio classico degli studi letterari, c’è poco da dire. Bloom è un po’ troppo Shakespeare-centrico, per quanto mi riguarda (e lo dico da appassionata del Bardo), ma questo è un saggio necessario e non averlo ancora letto mi rende nervosa. Non vedo l’ora di immergermici e anche di vedere quali sono gli autori fondamentali che ancora non ho letto. Inoltre, vorrei che fosse un punto da cui partire per approfondire i “canoni” di altre letterature a me poco note – quella orientale, ad esempio.

 

4. La libertà di John Stuart Mill

La libertà - J. S. Mill


John Stuart Mill è un autore di cui ho studiato poco o nulla a scuola, ma che mi ha sempre affascinata; non tanto per le sue teorie economiche, quanto per la sua strenua difesa delle libertà individuali (comprese quelle delle donne, fatto insolito per l’epoca). Sono stata felice di vederlo tra i libri scelti per la collana I classici del pensiero libero, pubblicata tempo fa con il Corriere della Sera; dato che la libertà è uno dei concetti filosofici su cui più mi arrovello, non ho potuto fare a meno di acquistarne tutti i numeri. 


5. La banalità del male di Hannah Arendt

La banalità del male - H. Arendt
Questo libro mi è stato regalato un paio d’anni fa, ormai. Potrei dire che non so cosa mi trattenga dal leggerlo, ma la verità è che lo so bene. I motivi sono due: il primo, è che temo di non avere gli strumenti adatti per comprendere del tutto la Harendt, pur avendola studiata (e pur avendo studiato il suo maestro, Heidegger, e il marito, Anders) – è una sensazione che mi coglie sempre, quando si parla di filosofi cronologicamente vicini a noi. Il secondo, è che so che questo saggio non mi farà dormire la notte.



6.
Geografia e storia della letteratura italiana di Carlo Dionisotti

Geografia e storia della letteratura italiana - C. Dionisotti

Chiunque studi o abbia studiato Letteratura italiana all’università ha sentito citare Dionisotti almeno un centinaio di volte. La sua prospettiva sugli studi letterari è stata innovativa – all’epoca si era ancora legati all’impostazione di De Sanctis – dando il giusto riconoscimento alle realtà regionali e al loro sviluppo, sia prima che dopo l’unità nazionale. Dato che l’argomento è di mio grande interesse e che le sue osservazioni, trovate a spizzichi e bocconi su altri libri, mi sono sembrate ancora più che valide, credo sia mio (piacevole) dovere affrontare in prima persona la lettura della sua opera.


7. Accidia – La passione dell’indifferenza di Sergio Benvenuto

Accidia - S. Benvenuto

Per spiegarvi perché vorrei leggere questo saggio devo rivelare un particolare di me che non amo molto, per usare un eufemismo: la mia accidia. E’ dei miei difetti più grandi ed è anche quello che mi è più difficile sconfiggere… ma non voglio ammorbarvi con le mie elucubrazioni. Diciamo che vorrei leggere questo libro per osservare esempi celebri del passato afflitti dallo stesso problema, per vedere com’è mutato il concetto di accidia nel tempo e, perché no, anche per avere uno stimolo in più per eliminare questa mia debolezza.


8.
Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia di Carl G. Jung e Kàroly Kerényi

Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia - Jung & Kerényi


Chi bazzica questo blog da un po’ sa quanto io adori la mitologia, quindi non sarà troppo stupito dal trovare un testo del genere in questa Top Ten. Che la mitologia non sia solo un insieme di belle storie è ormai assodato; è uno dei motivi per cui mi affascina così tanto. Com’è facile immaginare, l’argomento è vasto e non privo di “ramificazioni morte”, per cui credo sia meglio rifarsi ai grandi iniziatori di questa linea di pensiero per iniziare col piede giusto.



9.
Il romanticismo di Hugh Honour

Il romanticismo - H. Honour


Ho scoperto questo saggio mentre studiavo con una mia amica: io preparavo Storia della lingua italiana, lei Storia dell’arta contemporanea, e questo suo libro continuava ad occhieggiarmi e a dirmi “Ehi! Ehi tu! Parlo del romanticismo, lo so che mi vorresti leggere!”. Non ho potuto chiederlo alla mia amica, dato che le serviva per il suo esame, ma mi è rimasto impresso (anche perché è corredato di un buon numero di riproduzioni, per quel che ho potuto vedere – requisito fondamentale!).


10. In principio era la meraviglia di Enrico Berti

In principio era la meraviglia - E. Berti


La filosofia, secondo me, non andrebbe mai abbandonata. Trovo inutile limitarsi a studiarla a scuola, per poi lasciare che prenda polvere in qualche angolo del nostro cervello: è una materia che va ripresa e aggiornata e su cui è necessario rimuginare molto spesso. Proprio per questo motivo, ogni tanto, mi piace rivisitare argomenti noti – come, ad esempio, le origini di questa disciplina nell’antica Grecia. Questo titolo mi ha incuriosita e ne ho apprezzato la suddivisione in otto parti ben precise, ognuna dedicata a una domanda fondamentale.


Finisce qui l’elenco di saggi che ho voluto presentarvi oggi. Ho cercato di variare un po’ le discipline e gli argomenti, pur rimanendo fedele a quelli che sono i miei effettivi interessi.
Mi piacerebbe sapere se anche voi leggete saggistica, se ci sono degli argomenti in particolare che amate approfondire e cosa ne pensate dei libri che ho proposto.

Non esitate a condividere nei commenti altri titoli che ritenete interessanti!


Vi auguro un buon inizio di settimana e tante belle letture,


Cami

domenica 7 aprile 2013

Mini-recensioni: tre libri per un post (#7)

Buona domenica a tutti, cari lettori!

Spero stiate passando un buon fine settimana; io, da tradizione, sto per andare a mangiare dai miei nonni. Prima di uscire di casa, però, ci tenevo a pubblicare questo post, dove troveranno spazio tre storie molto diverse tra loro.

Il primo libro della triade di oggi è Abitanti di Marte, il secondo episodio della serie Deserto Rosso, di Rita Carla Francesca Monticelli.

Abitanti di Marte - R. C. F. MonticelliPagine:132
Editore:
auto-pubblicato
Anno:
2012
ISBN:
978-13-014-2055-1 

Trama:La missione su Marte non procede affatto come ci si aspettava. Le ricerche non danno i risultati sperati, i mezzi della base si stanno rivelando insufficienti e un secondo lancio, che avrebbe dovuto portare nuovi colonizzatori e attrezzature, è stato annullato. I rapporti tra i membri dell’equipaggio si stanno facendo difficili… Di chi può fidarsi Anna? Cosa sta succedendo, in realtà, sul Pianeta Rosso?

Questa seconda parte della serie Deserto Rosso, lo dico subito, mi è piaciuta moltissimo! Le poche cose che non mi avevano convinta durante la lettura del primo episodio (Punto di non ritorno) sono scomparse: le spiegazioni scientifiche mi sono sembrate meglio inserite nel contesto, abbiamo avuto la possibilità di osservare qualche panorama marziano in più e l’azione non è mancata, anzi… C’è stato un accrescimento di tensione e suspense non indifferente! Oltretutto, la Monticelli riesce sempre a tenere qualche asso nella manica, pronto da sfoderare nel momento narrativo più adatto: sono rimasta più volte stupita da certe svolte della trama totalmente inaspettate.
I personaggi, inoltre, vengono ulteriormente caratterizzati. Grazie ad un agile e mai confusionario cambio di prospettiva, possiamo cominciare a osservare Anna anche attraverso sguardi esterni; allo stesso modo, possiamo conoscere un po’ meglio i membri dell’equipaggio e altre figure decisamente inaspettate (che l’autrice ci aveva anticipato in maniera sibillina). Le relazioni interpersonali sono approfondite e fanno da base per molte delle rivelazioni di cui vi ho parlato qui sopra: legami apparentemente chiari e semplici si riveleranno molto più intricati – e distruttivi… – di quanto non si potesse immaginare.
Mi è difficile dire qualcosa di più, o entrare nel dettaglio, senza rovinare la trama a chi ancora non ha letto questo secondo episodio: tuttavia, credo di essere riuscita a farvi capire che questa è stata davvero una bella lettura. Per chi ama la fantascienza e i personaggi a tutto tondo, questa è una serie consigliatissima.
Piccola postilla finale: la qualità di questa auto-pubblicazione si mantiene sui livelli di quella del primo volume, ovvero molto alta: refusi pressoché inesistenti, editing ben fatto, copertina bellissima. Di nuovo complimenti all’autrice.

Voto: 
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                 8


Il secondo libro di cui parleremo oggi è di un genere che non frequento moltissimo, data la mia fifa: l’horror. Trattasi di Lucretia and the Kroons di Victor LaValle.

Lucretia and the Kroons - V. LavallePagine:104
Editore:Spiegel & Grau
Anno:2012
ISBN:
978-08-129-8437-8


Trama:Lucretia (detta Loochie) e Sunny hanno 12 anni e sono migliori amiche da sempre; vivono nello stesso palazzo a Flushing, nel Queens, dove da anni si vocifera che in un appartamento, il 6D, ci sia una famiglia di tossici che rapisce i bambini – ma è solo una leggenda metropolitana. Oppure no? E se poi i tossici si rivelassero essere qualcosa di più oscuro e sinistro? Loochie dovrà affrontare questo dubbio quando Sunny, di ritorno dall’ospedale dove viene spesso ricoverata, sembra essere sparita nel nulla…

Questa è stata una lettura assolutamente non  programmata e dai risvolti inaspettati. L’ho ricevuta l’anno scorso attraverso NetGalley, sito che solitamente permette di richiedere agli editori - solo americani - una copia in anteprima di alcuni titoli, per recensirli (opzione che non ho mai sfruttato, per ora). Tuttavia ogni tanto capita, come in questo caso, che alcuni editori regalino degli spezzoni o dei racconti lunghi agli iscritti, senza la necessità di farne richiesta. Dato che questa novella sembrava interessante ed era in regalo, ho deciso che provare a leggerla non mi avrebbe fatto male.
Come vi ho anticipato, tuttavia, Lucretia and the Kroons s’è rivelato essere qualcosa che non mi sarei mai potuta aspettare: un titolo dai risvolti horror. Le prime pagine, infatti, sembrerebbero introdurre il semplice racconto di due piccole amiche alle prese con i primi, piccoli passi verso l’adolescenza – scontrandosi anche, purtroppo, con una brutta malattia; continuando a leggere, però, si comincia a capire che qualcosa non torna… e il realismo si fa da parte, lasciando spazio a una ricerca che avviene in una sorta di universo alternativo, simile al mondo di Loochie, in cui i tossici (ovvero i Kroons del titolo) sono padroni dei bambini scomparsi e in cui, a quanto pare, anche Sunny è prigioniera. Questi Kroons sono essere mostruosi, cui mancano diverse parti del corpo, e che l’autore riesce a rendere piuttosto spaventosi: non provoca quel tipo di terrore che ti fa sobbalzare o urlare, bensì quello che si infiltra dentro di te e ti costringe a guardarti attorno, a percepire gli scricchiolii e pensare che è tutto frutto della tua immaginazione. Forse sono io ad essere troppo sensibile a questo tipo di narrazione; eppure, credo che gran parte del merito vada a LaValle, che riesce a creare la giusta atmosfera.
Per quanto riguarda la trama in generale, da “quasi adulta” posso dire che a un lettore “sgamato” è subito chiaro cosa ci si può aspettare per Sunny e quale sarà la scoperta che farà Loochie nel finale (anche se, a dirla tutta, vengono mantenute alcune intriganti “zone grigie”): ad ogni modo la lettura risulta piacevole, perché si empatizza comunque con Lucretia e la sua ricerca della verità, innocente e speranzosa come può esserla solo quella di un bambino che non ha ancora affrontato alcuni aspetti della realtà. La resa psicologica delle bambine, infatti, è uno dei pregi maggiori di questa breve storia: l’autore ha saputo delineare delle ragazzine credibili e a rendere realistico il loro punto di vista.
Complessivamente, è stata una lettura interessante ma in certi casi un po’ troppo prevedibile, con buoni personaggi, stile semplice e qualche momento di brivido – magari non memorabile, ma penso sia quel che serve per certi lunghi pomeriggi invernali.

Voto: 
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           7


E ora passiamo all’ultimo libro di oggi, ovvero La ragazza dell’addio  di Giorgio Scerbanenco.

La ragazza dell'addio - G. ScerbanencoPagine:323
Editore:
Garzanti Editore 
Anno:
1956
ISBN:
978-88116-6903-6

Trama:Milano, anni ‘50. Martino è un ragazzo brillante ma povero, alla ricerca di un modo per trovare i soldi per laurearsi. Milla è una ragazza ricca, intelligente, gentile e bruttina – e tutti temono che, per questo, finirà zitella. In molti spingono Martino verso Milla, ma lui è troppo orgoglioso per accasarsi per interesse; almeno fino a quando, una mattina, un viaggio in tram farà partire una catena di eventi che condurrà entrambi verso strade inaspettate.

Scerbanenco è noto per la sua maestria nei gialli e nei noir, quindi era ovvio che io avrei cominciato a conoscerlo attraverso uno dei suoi pochi libri che non fa parte di questi due generi. Logico, no? Evitiamo di soffermarci troppo sulla mia innata capacità di approcciare gli autori per vie traverse e concentriamoci subito su questo titolo.
Non è una storia che brilli per la trama innovativa o arzigogolata: salvo qualche colpo di scena, non si distacca troppo da una certa linearità (dal ritmo, comunque, ben orchestrato), cui sembra quasi appoggiarsi per permettere ai protagonisti di mostrarsi con tutte le loro sfumature. Partendo da una base che sembra quasi richiamare il romanzo rosa (Lui, Lei, i loro cari, passioni del passato e impedimenti di natura intellettuale, morale e fisica), Scerbanenco è libero di concentrarsi sulla costruzione di personaggi vivi, vibranti, distinguendosi in particolare per quanto riguarda il tratteggio della psicologia femminile. Milla, la protagonista principale, è una donna vera, innamorata ma non succube, figlia devota ma pronta a discutere col padre per perseguire ciò che ritiene giusto. Ne sono rimasta colpita, soprattutto perché questo libro è stato scritto negli anni ‘50.
La controparte maschile, Martino, non mi ha fatta impazzire. Non perché l’autore l’abbia costruito male – anzi, si dimostra sempre fedele a una sua coerenza. Semplicemente, preferivo seguire la storia dal punto di vista di Milla, ed essendomi affezionata a lei non riuscivo a essere del tutto favorevole a Martino (purtroppo non posso spiegarvi il perché in modo approfondito, altrimenti vi rovinerei la storia).
Ciò che rende questa lettura davvero piacevole, comunque, è lo stile di Scerbanenco. Salvo la rara ripetizione di alcune immagini (e l’uso di alcune parole con grafia anticheggiante – vedasi giuoco, per esempio), le sue descrizioni sono piuttosto evocative, sia che si tratti di delineare luoghi fisici (come la Milano degli anni ‘50, con i vecchi tram che ogni tanto vedo ancora passare  e la nebbia fitta), sia che si concentri sui pensieri e le azioni dei personaggi.
Credo proprio, dopo questa piacevole lettura, che proverò a leggere altri libri di Scerbanenco.

Voto: 
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                7,5

 

Anche per oggi è tutto; vi auguro di nuovo una buona Domenica e, come sempre, delle buone letture!


Vostra,


Cami

mercoledì 3 aprile 2013

Tre gradi (#3)

Ciao a tutti!
Oggi torniamo a occuparci di Tre gradi, la rubrica “a catena” in cui vi parlo un po’ dei libri nella mia Lista dei desideri.
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I tre passaggi di oggi collegheranno un autore poco conosciuto a due degli autori contemporanei più noti al mondo.

PRIMO GRADO Il libro che ho scelto è…

Dissipatio H. G. - G. Morselli
Dissipatio H.G. di Guido Morselli 2012 – Adelphi

Il protagonista di Dissipatio H.G. (dove H.G. sta per Humani Generis), uomo lucidissimo, ironico, ipocondriaco, e soprattutto ‘fobantropo’, attirato da un feroce solipsismo, decide di annegarsi in uno strano laghetto in fondo a una caverna, in montagna. Ma all’ultimo momento cambia idea e torna indietro. Il genere umano, proprio in quel breve intervallo, è scomparso, volatilizzato. Per il resto, tutto è rimasto intatto. Così, paradossalmente, l’umanità è ora rappresentata da un singolo che era sul punto di abbandonarla e che, comunque, non si sente adatto a rappresentare alcunché; neppure, a tratti, se stesso. Comincia allora un appassionante monologo, sullo sfondo della solitudine assoluta e di un silenzio rotto soltanto da qualche voce di animale o dal ronzio di macchine che continuano a funzionare. Ed è un monologo che presto si trasforma in un dialogo con tutti i morti, tenuto da un unico vivo che a momenti pensa di essere anch’egli morto.

Perché è nella Lista dei Desideri? Innanzitutto, perché la trama è innegabilmente interessante. Quando l’ho letta in libreria, e poi di nuovo sul blog di Matteo, ne sono rimasta affascinata. Certo, partendo da uno spunto così ambizioso è facile rovinare tutto, ma il fatto che sia stata l’Adelphi a decidere di pubblicarlo mi rassicura – ormai sapete qual è il mio rapporto con questa casa editrice.
Ho rivisto questo titolo citato in un interessante articolo nel numero di domenica scorsa (n.71) de La Lettura (P. Di Stefano, La mappa delle città immaginarie, pgg. 12-13) e così ho pensato di farlo conoscere anche a voi.

SECONDO GRADO Tutte le opere di narrativa di Morselli furono pubblicate postume, dopo che l’autore si tolse la vita; proprio il suicidio è il fil rouge che ci porta al prossimo libro.

Le vergini suicide - J. Eugenides
Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides 1999 – Mondadori (originale: The Virgin Suicides – 1993 – Farrar, Straus and Giroux)

Un narratore "collettivo", voce di un gruppo di coetanei maschi, rievoca a vent'anni di distanza la vicenda delle cinque sorelle Lisbon, oggetto proibito della loro adolescenza, avvolte in un'aura di mistero che la tragica fine comune - si sono tutte tolte la vita nel breve spazio di un anno - ha fissato per sempre. Nella memoria di questi antichi, tenacissimi spasimanti, esse divengono il simbolo di una possibilità remota e perduta: l'irruzione di un fremito ignoto nel mondo tranquillo, ordinario, opprimente dell'America suburbana degli anni Settanta. Il libro segna l'esordio folgorante di uno scrittore poco più che trentenne, ma già padrone di uno stile e di un universo letterario affatto personali.

Perché è nella Lista dei Desideri? Questo è stato uno dei primi libri che ho scoperto grazie ad Anobii: avevo 16 anni e ancora non conoscevo questo autore, il cui valore era già più che affermato. Comunque, il punto è che quando ho letto la trama, pur non sapendo quanto fosse noto e rispettato Eugenides, ho pensato che mi sarebbe proprio piaciuto leggere questo libro. Però ancora non l’ho fatto e ho lasciato che questo titolo stazionasse nella Lista dei Desideri per anni. Giuro che all’inizio dell’anno prossimo lo compro e lo leggo!

TERZO GRADO Come ho già detto, il talento letterario di Eugenides è stato ampiamente riconosciuto – tant’è che ora insegna Scrittura creativa a Princeton. Tra i tanti scrittori a occupare la cattedra prima di lui c’è stato anche qualcuno che è stato definito “il più grande scrittore americano vivente”; sapete di chi parlo?

Indignazione - P. Roth
Indignazione di Philip Roth 2009 – Einaudi (originale: Indignation – 2008 - Houghton Mifflin Harcourt)


È il 1951 America, il secondo anno della guerra di Corea. Marcus Messner, un giovane serio, studioso e ligio alle leggi, di Newark, New Jersey, sta cominciando il secondo anno di università in un campus rurale e conservatore dell'Ohio: il Winesburg College. Perché ha deciso di frequentare il Winesburg invece del college della sua città, a cui si era inizialmente iscritto? Perché il padre, il risoluto e laborioso macellaio del quartiere, pare impazzito: impazzito per la paura e l'apprensione di fronte ai pericoli della vita adulta, ai pericoli del mondo, ai pericoli che vede incombere a ogni angolo sul suo amato figliolo. Come spiega al figlio la longanime madre messa a dura prova dal marito, è una paura che nasce dall'amore e dall'orgoglio che il padre prova per lui. Ciò non toglie che Marcus covi una rabbia troppo grande per poter ancora sopportare di vivere con i genitori. Li abbandona e, lontano da Newark, nel college del Midwest, si deve districare fra le consuetudini e le repressioni di un altro mondo americano.

Perché è nella mia Lista dei Desideri? Anche qui c’è lo zampino di Anobii: dopo aver visto questo titolo in libreria, dove l’ho fogliato un po’ quando è uscito, ne ho letto una bella recensione scritta da Sara, una ragazza con cui condivido spesso opinione. Lo aggiunsi subito alla Lista; e ora, dopo il clamore suscitato dal “pensionamento” di Roth, sento la necessità di leggere al più presto qualcosa di questo autore.
In più, c’è qualcuno che continua a consigliarmelo e sarebbe anche ora di dargli la soddisfazione di avermi convinta a leggerlo!

Con questo autore celebratissimo si conclude la catena di collegamenti. Come sempre, spero che il post vi sia piaciuto e vi auguro di passare una bella settimana!
Buone letture,

Cami

lunedì 1 aprile 2013

Marzo tra incontri, fiere, conferenze e pioggia a secchi

Buongiorno a tutti voi!
Aprile è finalmente arrivato e, anche se il meteo non è dalla nostra parte, non posso fare a meno di sperare che ci aspettino delle belle giornate di sole. Inizio a sentire la necessità di potermi sdraiare su un prato a godermi il sole primaverile.
Tuttavia, devo dire che anche questo Marzo piovoso è stato un mese piuttosto attivo: ho visitato la Mostra internazionale dei libri antichi e di pregio, al Palazzo Giureconsulti di Milano, ho passato una lunga e bella giornata al Cartoomics (con un amico e col collega Salomon, che sicuramente ne parlerà sul suo blog – vero, che ne parlerai?) e ho incontrato e passato un bel pomeriggio con il caro Vin (prometto che verrò a trovarti a Bologna!).
Proprio lui mi ha regalato un libro che desideravo moltissimo, ovvero L’ultimo giorno di un condannato a morte di Victor Hugo! Ancora mille grazie!
Ve lo presente qui sotto, assieme ad altri due e-book che ho preso diversi mesi fa ma che ancora non vi avevo mostrato (il primo episodio di Banduna, di Alessandro Mari, e Accoppiamenti giudiziosi di Carlo Emilio Gadda).

L'ultimo giorno di un condannato a morte - V. Hugo

Sotto forma di diario, questa opera racconta le ultime, angosciose ore d'attesa di un condannato alla ghigliottina, accusato di omicidio, nel regno di Francia. Mentre la folla fuori, festosa ed eccitata, aspetta che sia compiuto il macabro spettacolo nella pubblica piazza, il protagonista ripercorre la sua vita, fino al delitto, attraverso una drammatica analisi psicologica che mescola le memorie e confonde le colpe, sino a condannare la follia degli uomini che acclamano la pena estrema.






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Accoppiamenti giudiziosi - C. E. Gadda
I diciannove, temerari racconti radunati da Gadda nel 1963 attraversano l'intera sua attività di narratore votato a una incessante sperimentazione, e ne offrono la più autentica essenza. Tanto più che Gadda non ha esitato a includervi frammenti di romanzi quali La meccanica e La cognizione del dolore, quasi a segnalare che questo libro è anche una insostituibile autoantologia. Dove spiccano i frutti urticanti dei suoi furori contro la «sacra e buseccherita città della saggezza moraleggiante... e stentatamente grammaticante» – vere e proprie «fiammate di odio» che gli facevano dire: «Vorrei essere il Robespierre della borghesia milanese: ma non ne vale la pena». La satira, di irresistibile comicità, divampa come un rogo, riducendo in cenere moralismo benpensante, logica di casta, incrollabili certezze e virtù, e mettendo in fuga dame imperiose e impettite contro i «calamitosi tempi», professori stolidi e reboanti, apoplettici commendatori mecenatoidi, serissimi e operosi professionisti che nella famiglia e nel lavoro trovano «le "soddisfazioni" più alte, la sana gioia del vivere», industriali ossessionati dalla salvaguardia della loro «propria privata privatissima personale proprietà».

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Banduna . Andare al terremoto - A. Mari

Due disgraziati affrontano una tortuosa mulattiera e poi scende delittuosa la sera.Un luogo, una leggenda, una grande storia. Guardando a Charles Dickens che pubblicava sul "Morning Chronicle" - il mezzo più popolare per il più popolare degli scrittori. Alessandro Mari rinnova con inchiostro digitale la tradizione del romanzo a puntate.








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Il mio proposito di evitare di prendere libri nuovi continua e procede piuttosto bene, ammetto di essere piuttosto fiera di me. Mi ha permesso di leggere libri che altrimenti sarebbero rimasti a prendere polvere per chissà quanto altro tempo!
E poi, ammetto che i regali inaspettati, come quello di Vin questo mese, soddisfano anche il mio innato desiderio di mettere libri nuovi nella mia libreria – quindi sì, per ora tutto procede benissimo e la mia decisione non mi sta affatto procurando lo stress che avevo ipotizzato a inizio anno.
Comunque, questo mese ho ricevuto anche un’altra bella sorpresa: un premio per il blog! Trattasi del Liebster award, che mi era già stato assegnato in passato e per cui ringrazio Olivia (del blog Appoggiato sul comodino): sei davvero gentile, grazie!
Ricordiamo insieme le regole:
- chi riceve il premio deve ringraziare chi gliel'ha assegnato citandolo nel post
- rispondere alle undici domande poste dal blog che ti ha premiato
- scrivere undici cose su di te
- premiare undici blog che hanno meno di 200 followers
- formulare altre undici domande, cui gli altri blogger dovranno rispondere
- informare i blog del premio
I ringraziamenti li ho già fatto, quindi passo direttamente al secondo punto; ecco qui le mie risposte alle domande di Olivia.
1. Libri in brossura o rilegati? Uhm… Anche se alla fine compro spesso e volentieri i brossurati, ammetto di non saper resistere a una bella edizione rilegata e curata nei minimi dettagli.
2. Compri libri in maniera compulsiva o rifletti bene prima di acquistarli? Rifletto molto, molto bene. Gli acquisti compulsivi sono eccezioni che posso contare sulle dita di una mano.
3. La passione per la lettura ti è stata trasmessa da qualcuno? Dalla mia famiglia: sono cresciuta in una casa piena di libri e con parenti che hanno sempre appoggiato questa mia passione.
4. C'è qualche persona in particolare con cui ami parlare di libri e scambiare opinioni? C’è il mio papà, due miei amici (so che uno legge il blog, quindi: ciao Gabri!), Vin e alcuni blogger i cui siti ormai frequento da un po’ (e che ormai non sopporteranno più i miei commenti, lo so) – vorrei elencarli tutti, ma così il post diventerebbe davvero chilometrico... E poi, ovviamente, chiunque commenti qui su Bibliomania!
5. Quale libro vorresti vedere tramutato in film? Probabilmente in molti non gradiranno, però… io mi sono sempre chiesta com’è che nessuno ha mai fatto un film tratto da Il barone rampante. Se si sfruttassero appieno i paesaggi boschivi e si trovassero degli interpreti incisivi, verrebbe fuori un film con i contro-cavoli!
6. Qual è il tuo telefilm preferito? Domanda davvero difficile! Ma si intende “di tutti i tempi” o di “adesso”? Posso evitare di rispondere appendendomi a questo cavillo? Non so proprio cosa scegliere!
Adoro Fringe, Sherlock, Once upon a time, New Girl, 30 Rock, Misfits, Person of Interest, Scrubs, più o meno tutti i procedurali di tipo poliziesco (in particolar modo C.S.I., Bones, Lie to me, Cold Case, Criminal Minds e NCIS). Mi sono permessa di mescolare telefilm ormai conclusi e produzioni ancora in corso.
Ho visto anche molte altre serie, ma queste sono quelle a cui sono più affezionata e che mi sono piaciute di più.
7. La tua vacanza ideale? Baro e ne dico due: al primo posto, un viaggio in una città d’arte, verso fine primavera o all’inizio dell’autunno. Al secondo posto, una bella vacanza al mare, a inizio Luglio, perché amo la spiaggia. Entrambe dovrebbero durare almeno cinque giorni, per non andare di fretta e godersi tutto il più possibile.
8. Quali sono tre luoghi che vorresti visitare? L’Egitto, l’Irlanda e l’India.
9. Un personaggio che ti ha colpito e ti è rimasto nel cuore? Ci sono molti, moltissimi personaggi che occupano un posto nel mio cuore… Lo ammetto, è una domanda troppo vasta per me. Magari, dividendo per categorie…
10. I tuoi libri devono rimanere immacolati o essere vissuti? Immacolati. Sia perché mi piacciono così, sia per altri motivi. Ma non ho nulla contro chi li “vive” (non più, per lo meno – quando avevo 14-15 anni ero piuttosto intransigente).
11. Leggi dei fumetti? Oh, sì! Mi piacciono tantissimo. Quest’anno sono anche stata al Cartoomics, come vi ho già detto.

Proseguiamo con le undici cose su di me:
1. Sono piuttosto pigra. Mi piace rilassarmi comodamente sdraiata sul divano.
2. Odio le barbabietole; per il resto, mangio sostanzialmente tutto.
3. Posso affermare con certezza, da qualche giorno, che anche quest’anno andrò sicuramente al Salone del Libro di Torino! Ci sarò senza dubbio Venerdì e forse anche Sabato, sarebbe fantastico riuscire a fare due giorni. Anche se mantenere il mio proposito di non comprare libri diventerà davvero, davvero difficile…
4. Anche se non ne ho ancora parlato qui, amo molto la poesia. In effetti, visto quanto mi appassiona, è strano che sia così sotto-rappresentata su Bibliomania. Urge rimediare.
5. Vi ho scritto che sono stata alla Mostra internazionale dei libri antichi e di pregio; quello che ancora non vi ho detto, tuttavia, è che ho anche seguito una conferenza di Umberto Eco organizzata per questo evento. E sono diventata di un colorino violaceo-imbarazzato-ammirato quando Eco mi è passato a mezzo metro.
6. Amo gli abbracci.
7. Ultimamente sento il desiderio di rileggere alcuni dei miei libri preferiti. Forse lo farò – in caso, sarà interessante tornare da loro, come si torna da vecchi amici, e vedere cosa mi lasceranno ora.
8. Sto imparando il tedesco, ma sono ancora alle basi.
9. Ho un tatuaggio.
10. Bevo il caffè rigorosamente amaro. Il caffè zuccherato non mi piace, ma proprio per niente. Se proprio desidero un’alternativa più dolce, mi preparo un caffelatte.
11. Per tutta l’adolescenza ho usato le lenti a contatto, ora sono tornata ai cari, vecchi occhiali. Sarà che ho comprato una montatura che mi piace molto!

Ed ecco, infine, i blog a cui assegno il premio! Di solito salto questa parte a pie’ pari, ma dato che non sono moltissimi i blog che seguo che hanno meno di 200 follower, ho deciso di provare a redigere la lista (evitando quelli cui ho già assegnato premi di recente).

Quel che salto, invece, è la formulazione di altre undici domande. Ormai tutti hanno ricevuto questo premio e probabilmente le persone che ho premiato comincerebbero ad odiarmi, se dessi loro altre domande cui rispondere!
Se qualcuno proprio ci tiene, posso provare a scervellarmi per delle domande personalizzate…

E anche per questo Marzo è tutti, miei cari e mie care: al prossimo post!

Buone letture,

Cami