lunedì 26 marzo 2012

L’Uomo dal Campanello d’Oro–Lavinia Scolari

image

Titolo:L’uomo dal Campanello d’Oro
Autore:Lavinia Scolari

Anno:2010

Editore:0111 Edizioni
ISBN:978-88-63073-05-8

Pagine:
132

Trama:Le divinità, addormentate dal Tempo, hanno abbandonato da molto le stanze del mondo; ma l’uomo dal Campanello d’Oro le sta risvegliando, facendo ricominciare il gioco di riflessi col nostro mondo…

Il libro di Lavinia Scolari (disponibile qui in catena di lettura) è un libro ibrido che mischia in sé molti elementi: passato mitico e presente, realtà e sogno, finzione e verità. Il risultato è un prodotto sicuramente ambizioso e dalle ottime potenzialità che però, personalmente, penso avrebbe potuto dare di più.

L'inizio del libro è la parte più ostica: lo stile poetico della Scolari risalta immediatamente, in modo positivo (rendendo molto bene nei passaggi più onirici e immaginifici), ma viene soffocato dall’eccessiva confusione nello svolgimento dei fili della trama, che rimane oscura per un numero di pagine troppo elevato. Un po’ di mistero non può che incuriosire il lettore; ma quando questo diventa troppo, crea nervosismo e tende a rompere il “ponte” che si crea tra il lettore e il libro. Fortunatamente questa tendenza viene più o meno sconfitta col proseguire della storia, che man mano diviene più chiara e, in maniera direttamente proporzionale, più piacevole. La trama, dipanata, cattura l’attenzione e fa crescere il desiderio di scoprire quale sarà il corso degli eventi, come la mitologia si rispecchierà di nuovo nelle vite dei protagonisti e quale sia, alla fine di tutto, la verità – dandoci un finale che, secondo me, è più che soddisfacente.
Il tutto, come ho accennato, gira attorno a un “perno” ben chiaro, ovvero la mitologia classica: devo ammettere che, personalmente, è stato un vero piacere trovare una storia fantastica che si basa sui miti greco-romani. La mitologia mi appassiona sin da quando ero piccina e quindi non potevo non apprezzare il ruolo da protagonista che ha in questo libro: in parte rimaneggiata, non nelle caratteristiche dei suoi personaggi (che vengono sfruttate, anzi, in maniera ottimale) ma nel modo in cui le divinità si approcciano al mondo umano. Vengono ripresi anche personaggi generalmente meno noti, come Glauco e Nereo, che però non sfigurano al fianco di “pezzi grossi” come Cassandra, Ermes, Circe e Morfeo.
Ho due soli appunti riguardo ai personaggi: uno è la mancanza di un indice delle divinità e degli eroi, che tuttavia, non essendo questo libro un saggio, è una mancanza perdonabile. La lettura può forse risultare meno completa per chi non conosce bene la tradizione legata ad ogni divinità, ma le informazioni sono facilmente reperibili su qualunque enciclopedia (io consiglio anche la Treccani online, che raramente mi delude).
L’altro appunto, invece, è la sensazione che talvolta i protagonisti non riescano del tutto a sollevarsi e a mostrarsi al lettore: si alternano, infatti, momenti in cui i personaggi sono presenti e molto ben definiti (anche solo attraverso poche frasi di dialogo) e altri in cui al contrario sembrano privi di dimensioni – troppo “statici”.  Questo non vuol dire che non i facciano ricordare, però: ho ancora ben chiari in testa Verdiana, Glauco, Cassandra, Nereo ed Ermete – a mio parere, quelli che sono stati resi meglio. Tra l’altro, la decisione dell’autrice di sfruttare di volta in volta il particolare punto di vista di un personaggio aiuta molto nel delineare i caratteri e le sfaccettature di ogni narratore, senza contare che la trama procede anche grazie al fatto che, a seconda del protagonista che stiamo seguendo, siamo più o meno al corrente di una determinata situazione – lasciando che gli strati della storia si svelino poco a poco.

Dunque, volendo sommare la qualità dei vari segmenti che compongono quest’opera, mi trovo un po’ in difficoltà: i punti positivi e quelli negativi sono quasi bilanciati e, volendo essere del tutto sincera, leggendo c’è la netta sensazione che Lavinia Scolari possa migliorare molto, limando alcune tendenze troppo auliche e affinando il proprio controllo sui personaggi. Per questa sua prima prova mi tengo su un voto sufficiente, con la speranza di poter leggere qualcos’altro della Scolari e poterle dare un voto migliore, visto che la potenzialità c’è, senza alcun dubbio!

Voto:
stellinestelline
           6,5

Frasi e Citazioni che mi hanno colpita…

  • Ma perché la solitudine avrebbe dovuto farmi più paura della compagnia di altri esseri umani?
  • “Ma io vedo solo te!”
    “E in me cerca te stesso.”
  • E quella tua promessa fu più effimera di un’onda che si alza, si increspa e poi, tuffandosi nella spuma silenziosa, si dimentica e muore.

 

Come sempre, buone letture!

Cami

domenica 4 marzo 2012

Mini-recensioni: tre libri per un post (#3)

Ciao a tutti! Oggi tornano le mini-recensioni, visto che sono stata inseguita da tutta una serie di sfortunate coincidenze. Finita la prima sessione di esami della mia vita, con isteria per-colloquio annessa, il computer ha deciso di abbandonarmi e di prendersi un bel virus, o qualcosa del genere. Risultato? Non so se potrò vedere mai più i miei vecchi file - bozze di recensioni comprese. Penso possiate capire come mi sono sentita. Ma visto che tanto non posso farci niente, ho deciso di rimboccarmi le maniche e cominciare a riscrivere gli articoli persi - tra i quali, quello che state leggendo! Oggi si parla di tre libri molto diversi tra loro: il primo è Opera Prima di Renato Spina. Ringrazio l'autore, che mi ha gentilmente fornito una copia del suo libro.

Pagine:523 
Editore:auto-pubblicato 
Anno:2011 
ISBN:// 

Trama:dopo la rappresentazione della "Turandot", celebre opera incompiuta di Puccini, Alessandro Malerba (giovane direttore d'orchestra) e diverse persone a lui vicine ricevono un inquietante biglietto in una busta rossa: l'invito a seguire "Opera Prima", spettacolo di morte ispirato ai tre enigmi della principessa...

Questo libro mi ha messi un po' in difficoltà, perché proprio non sapevo che voto dargli. Ha diversi elementi positivi, che mi hanno fatta pendere verso una valutazione più buona, ma anche altrettanti elementi "di disturbo".
Parto dalle considerazioni positive: nonostante la mole, il libro scorre via molto velocemente e l'indagine non è mai pesante, anzi - crea una buona aspettativa nel lettore, che si trova così a voler scoprire perché questi delitti vengono compiuti. Certo, alcuni passaggi, alcune coincidenze, sono un po' troppo "cadute dal cielo", ma in generale è tutto collegato e in modo logico, il che fa presagire che l'autore possa, col tempo, migliorare molto. I personaggi sono piacevoli e si seguono senza problemi, anche se ho trovato i protagonisti principali, Alessandro e Sandra, un po' stereotipati (troppo perfetti nonostante le loro sofferenze, soprattutto). L'unica cosa che mi ha dato fastidio è la continua ripetizione dei loro nomi completi - non credo sia necessario riscrivere nome e cognome ogni volta. Ma questo è un errore che, con un editor, si potrebbe facilmente eliminare - così come alcune virgole messe un po' male e alcune espressioni, leggermente auliche e fuori contesto, ripetute. La storia d'amore è sicuramente ben congegnata rispetto ad altri libri, ed è anche più sensata visti i trascorsi dei due amanti, ma l'ho trovata poco "spontanea", nel senso che per l'economia del thriller non è particolarmente necessaria e, visto che personalmente non ha aumentato la connessione con i personaggi, mi è sembrata un poco "macchinosa". Tornando a parlare in maniera più oggettiva, in definitiva mi sento di dire che questo è un libro ben confezionato, pur essendo un auto-pubblicazione, ma che avrebbe potuto dare di più a livello stilistico. 

Voto:
 stellinestelline
          5,5

Il secondo libro di cui vi parlerò è un fantasy molto particolare: L'Acchiapparatti di Francesco Barbi (che potete leggere grazie alla catena portata avanti dall'autore).

Pagine:480
Editore:Baldini Castoldi Dalai Editore
Anno:2010
ISBN:88-60-736-528

Trama:Ghescik è lo storpio becchino di Tilos, ignorato da tutti e misantropo a sua volta - eccezion fatta per l'acchiapparatti, Zaccaria, visto dagli abitanti del paese come "lo scemo del villaggio". Ad unire queste due strambe figure ci sono i libri antichi: Ghescik spesso sfrutta la capacità di decifratore di Zaccaria per tradurre quelli che riesce a procurarsi. Ma quando Ghescik "vince" un libro dallo speziale del paese e lo porta dall'acchiapparatti per sapere di cosa si tratta, comincia per entrambi una serie di vicende terribili, che nessuno si sarebbe mai aspettato...
La prima cosa che mi viene in mente, pensando a questo libro, sono i personaggi: perché, oltre ad essere atipici, sono tutti assolutamente ben caratterizzati. Da un qualunque ragazzino che appare per poche pagine a Zaccaria e Ghescik, i due protagonisti principali, tutti sono riconoscibili, hanno una loro voce ben definita e comportamenti adatti alla loro caratterizzazione: soprattutto il già citato Zaccaria ha una voce molto, molto particolare e altrettanto ben gestita. Le vicende sono atipiche (anche perché la quest - ovvero l'avventura dei protagonisti - si basa tutta sostanzialmente sull'avidità e il desiderio di potere di Ghescik), così come i nomi dei nomi, che sono un miscuglio di toponimi più fantasy e altri dal sapore nostrano e rurale, simpatici a modo loro. Ho apprezzato moltissimo anche la buona alternanza tra momenti più comici e momenti più seri, talvolta anche macabri. Hanno dato il giusto ritmo alla storia, rendendola una lettura veramente piacevole! Tuttavia, benché questo libro mi sia piaciuto tantissimo, è giusto far notare anche le caratteristiche negative: su tutte, per quanto mi riguarda, la tendenza dell'autore a usare frasi molto brevi. Non amo moltissimo la sintassi così spezzettata; la lettura, tuttavia, non ne ha risentito eccessivamente. La gestione dei punti di vista è buona: qualche volta mi sono chiesta il perché di certe divagazioni, di certi capitoli con punti di vista focalizzati su personaggi esterni alle vicende principali, ma il tutto assume senso sul finire della storia e quindi non possono che essere rivalutati dal lettore.Menzione d'onore al finale: una climax forte, assolutamente ben gestita! Si sarà capito che mi è piaciuto molto - e, infatti, non vedo l'ora di leggere il suo seguito, Il Burattinaio. 

Voto:
stellinestellinestelline
             7,5

Il terzo e ultimo libro di questo post è di Amélie Nothomb e fa parte della collana dei "Racconti d'Autore" della Domenica del Sole 24 Ore: L'Entrata di Cristo a Bruxelles - Senza Nome.

Pagine:79
Editore:Il Sole 24 Ore - I libri della Domenica
Traduzione:Monica Capuani

Anno:2008
ISBN:
//
 
Trama:Il libro contiene due racconti: il temi centrali di entrambi sono le scelte di vita, l'amore che può innalzare o abbruttire l'uomo, il viaggio, in un certo senso la redenzione. Nel primo, Salvator compie un atto terribile e fugge, salvo poi tornare a casa e redimersi in maniera del tutto inaspettata; nel secondo, il protagonista senza nome vaga alla ricerca dell'Amore perfetto in Finlandia - senza sapere cosa l'aspetterà. 

E' il mio primo approccio con la Nothomb, autrice che mi ha sempre ispirata ma, per un motivo o per l'altro, non avevo mai affrontato. Questi due racconti mi hanno dato un assaggio di cosa potrei aspettarmi da un suo romanzo e devo dire che, nel complesso, ne sono rimasta abbastanza soddisfatta. Il primo racconto, "L'entrata di Cristo a Bruxelles", è quello che mi è piaciuto di più tra i due. La scrittura, pacata e senza fronzoli, è perfetta per raccontare una storia che, invece, si basa tutta su sentimenti intensi, quasi eccessivi: la gelosia di Salvator, il sentimento di colpa che lo perseguita, poi l'amore e l'innocenza di Zoe, l'amata. Il contrasto tra lo stile e le azioni compiute, così come le emozioni provate, dà un taglio favolistico al tutto - così come la prevedibilità del finale, che il lettore può intuire in poco tempo e che tuttavia mantiene la carica di sentimento necessaria per non deludere chi legge. Il secondo, invece, ha un inizio che mi ha ricordato il realismo magico di Isabel Allende,cui si unisce quasi subito un'evidente critica alla società odierna - alla televisione che abbruttisce l'uomo, alla ricerca di un piacere che cancella l'essere. Il finale, secondo me, permette anche di capire quale sia la considerazione che la Nothomb ha dell'uomo, ovvero non un granché. Il racconto fila liscio, senza intoppi, ma non lascia molto.
La curiosità di "scavare" nella produzione dell'autrice c'è - sperando che questa buona impressione possa diventare un vero e proprio apprezzamento.


Voto:
stellinestelline
         7

Per oggi è tutto; voi avete letto questi libri? Cosa ne pensate?

Buona domenica!

Cami